Perchè RuYi

Perchè RuYi

 

Ru Yi in cinese vuol dire: ”come ti pare”. E’ un’espressione consueta, usata anche come abbreviazione di una formula augurale assai diffusa, che suona: “che tutto vada secondo i tuoi desideri”. Nel palazzo imperiale estivo di Pechino c’è un padiglione che ha questo nome; era il luogo in cui l’Imperatore poteva rilassarsi qualche minuto fra un impegno e l’altro del suo rigido protocollo. Nel gergo dei praticanti di Qi Gong significa: “seguire la vera intenzione”.

 

Compito della nostra Associazione è quello d’indagare, far dialogare e promuovere  tutto ciò che riguarda la dimensione energetica, particolarmente in riferimento alla salute umana. Ci occupiamo dei rapporti che intercorrono fra energia e materia da un lato e fra energia e spirito dall’altro. Il primo campo ci darà notizie su come migliorare e conservare la salute dei viventi; dal secondo campo ci aspettiamo suggerimenti in merito alla conoscenza profonda di noi stessi e del mondo che ci circonda. Merito della dimensione energetica è quello di non tenere separata la gestione del corpo dall’evoluzione spirituale, come succede ai mistici e ai razionalisti ingenui, ma di vederle come gli orizzonti concentrici entro cui le bioenergie possono fornirci conoscenze e strumenti d’azione sempre nuovi.

 

RuYi è un luogo di pratica, di ricerca e di produzione in cui ciascuno può sperimentare e sviluppare competenze e curiosità, sia per un interesse personale, sia a livello professionale. RuYi si occupa di produrre pratiche, testi, eventi, formazione, ricette, immagini, incontri, pensieri, viaggi, suoni, giochi, rimedi, oggetti, vacanze… che hanno a che fare con la dimensione energetica.

LA BIOENERGETICA

 

Quando parliamo di ENERGIA intendiamo qualcosa di più ampio di ciò che s’intende comunemente. La nostra idea di ENERGIA non si limita alle forze che muovono i meccanismi; si riferisce a ciò che nutre, anima e perpetua gli esseri viventi in senso lato. La nostra idea di ENERGIA tende a sovrapporsi all’idea stessa di vita, anzi a restituirle il suo senso complessivo, ampliandola ben oltre i confini del biologico stretto: diventa Bioenergetica.

 

La Bioenergetica è una scienza antichissima, è la Scienza Tradizionale di tutte le popolazioni di ogni epoca in ogni parte del mondo. Nella tradizione cinese insegnata dal M° prof. Li Xiao Ming essa prende il nome di Qi Gong. La Bioenergetica è la scienza che mette al centro i fenomeni vitali in ogni loro aspetto.

 

La Bioenergetica è una scienza nuova, che non rifiuta gli strumenti che la Scienza Moderna le mette a disposizione, ma non si sente obbligata a sacrificare gran parte della realtà del vivente sull’altare di una obiettività fatta per cogliere solo dati quantitativi. Essa è quindi ben determinata a non confondere, come spesso la Scienza Moderna e la Medicina Occidentale ci spingono a fare, ciò che conviene alla società degli umani con ciò che conviene alla loro vitalità.

 

La dimensione energetica si presenta come un livello a se stante di studio, di pratica e di conoscenza. Essa occupa un territorio speciale e vastissimo, che sottrae il dominio del vivente ad ogni integralismo. In cambio ci chiede precisione e affidabilità come una scienza, costanza e umiltà come una fede, curiosità e intelligenza come una filosofia, creatività e spontaneità come un’arte.

 

La Bioenergetica o QI GONG ricerca conoscenze e risultati certi non tramite la separazione fra soggetto e oggetto, ma attraverso l’educazione del soggetto, che diventa così il laboratorio più sofisticato e lo strumento di misura più raffinato che esista. Essa non vuole spingerci a credere in nulla, al contrario ci vuole disinteressati e liberi: ci chiede solo di lasciare che il nostro orizzonte diventi più elastico, mano a mano che la nostra condizione energetica si rafforza.

la pratica e l’intenzione

RuYi compare sul web nel 2008, al settimo hanno di vita e prosegue la sua ricerca.

 

La pratica ci allena a sentire il senso della rinuncia generosa. Cominciamo ad accorgerci di quanta fatica ci costi il nostro vivere distratto. Esso ci promette di tenerci lontano dalle nostre paure, di immunizzarci da un sentire doloroso che, sordi come siamo, ci appare estraneo. Una rassicurazione però molto fragile. Le paure, invece che svanire, si approfondiscono; quello che proviamo poi, finisce per essere pericolosamente il metro della nostra condizione: se non sentiamo ci sembra di stare bene, se sentiamo ci diciamo che stiamo male.

 

La pratica c’insegna che è proprio il nostro impulso a vivere anestetizzati che coltiva in noi le paure più profonde, che la nostra ambizione, comunque mascherata, all’eccezionalità (io sono così!) ci fa consumare le nostre energie migliori. Cominciamo a chiederci se davvero ne valga la pena. Arriviamo perfino a domandarci, se il desiderio di distinguerci (mi piace questo e non quello), se la nostra continua tentazione d’identificarci con qualcosa di esteriore, per quanto così diffusa nel nostro mondo, non sia altro che un trucco. Questo abbaglio ci risparmia l’onere di guardare a ciò che riteniamo riprovevole in noi stessi, la nostra zona d’ombra. Ci mantiene nel giudizio, quindi nella colpa, i quali si mostrano finalmente per quello che sono: non più la conseguenza di un qualche evento subito, ma una condizione dell’anima che, facendoci sentire grandi e fedeli insieme, circoscrive la nostra crescita.

 

Anche se il timore di perdere la nostra importanza è ancora molto forte, cominciamo a sentire quale prezzo stiamo pagando nello sforzo di difendere con tanta tenacia le nostre fedeltà bambine. Percepiamo, anche fisicamente, quanto il convincere noi stessi e gli altri del nostro essere speciali sia in realtà così comunemente condiviso e quanto questa tensione produca soltanto lotta. Ci rendiamo conto di quanto siamo intossicati dalla fatica e dall’ansia. Esse ci danno l’impressione di fare qualcosa d’importante, salvo lasciarci, giorno dopo giorno, al punto di partenza: eccezionali ma stanchi, e ancora lontani dalla nostra unicità.

 

Siamo in un fiume. Su una delle sponde c’è scritto: tutto dipende da te. Sull’altra sponda c’è scritto: tutto è già stato stabilito. All’inizio navighiamo contro corrente. Lo sforzo c’impedisce di vedere le sponde e di sentire la paura che abbiamo di naufragarci contro. Ci affanniamo molto, ma in realtà stiamo fermi.

 

Poi, percepita la fatica, accompagnati da mille insicurezze, sentiamo che l’energia profusa è superiore alle nostre forze e non possiamo far altro che invertire la rotta e seguire la corrente. Cominciamo a vedere le sponde e oscilliamo ancora paurosamente fra esse, ma con sbandamenti sempre meno accentuati. Finché, ad un punto che possiamo riconoscere solo voltandoci indietro, troviamo inaspettatamente una zona intermedia, che ci dà sollievo e ci fa perdere la passione per la lotta.

 

Adesso l’impressione di essere fermi è molto concreta e c’imbarazza. Eppure le cose attorno a noi si muovono e si trasformano. Così scopriamo che questo effetto ambiguo deriva dal fatto che andiamo alla stessa velocità della corrente. Finalmente, mentre sorge un sottile e pungente sentimento di nostalgia, possiamo guardare, come ad una cosa che abbiamo sempre conosciuto, come ad una casa alla quale torniamo dopo una lunga assenza, la nostra e l’altrui singolarità: impariamo che ci si può sentire se stessi solo se ci si sente anche corrente.

 

Che RuYi voglia dire rinunciare ad essere speciali per fare emergere la nostra inevitabile unicità? In ogni caso, finché il nome che ci siamo dati continuerà ad assumere sempre nuovi significati, possiamo essere ragionevolmente fiduciosi.

RU YI  A.S.D.

(Associazione Sportiva Dilettantistica)

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